Spesso associamo la cura a un gesto delicato, a un’attenzione individuale e a volte è così.
Ma nelle organizzazioni e nei gruppi la cura è una forza strutturale: il cemento invisibile che tiene insieme persone, obiettivi e visioni. Oggi più che mai, guardando ciò che succede nel mondo, serve ripensarla, perché la cura non è solo un’attitudine gentile, ma una competenza che trasforma. Cura non è protezione soffocante, non è accudimento passivo, non è solo benessere individuale. Cura è allenare il coraggio, coltivare la responsabilità reciproca, costruire spazi in cui le persone possano restare intere mentre lavorano insieme. È un elemento strategico, una risorsa viva che rende le organizzazioni più forti, più reattive, più umane.
Cura per sé, cura per l’altro
Ogni processo di cambiamento inizia da chi lo abita. Non possiamo parlare di cura nei gruppi se prima non la riconosciamo dentro di noi. Che spazio diamo alla nostra voce, ai nostri bisogni, alla nostra energia?
Nel lavoro, la tendenza è quella di sacrificarsi in nome dell’obiettivo, della produttività, delle scadenze. Ma quando ci si dimentica di sé, il rischio è di non avere più nulla da offrire all’altro. La cura, invece, è una dinamica di respiro: inspiro ed espiro, ricevo e restituisco. Un’organizzazione sana è quella che sa riconoscere il valore di questo scambio vitale e costruisce le condizioni perché possa accadere.
Cura, quindi, è anche una pratica collettiva. È saper ascoltare, ma anche saper dire. È lasciare spazio, ma anche porre confini chiari. È imparare a osservare il gruppo e comprendere quando ha bisogno di riposo, quando di slancio, quando di una voce nuova che scuota. È trovare il ritmo giusto tra autonomia e interdipendenza, tra singolarità e comunità.
Cura non è un atto isolato, ma un sistema
Un errore comune è pensare che la cura sia qualcosa che si aggiunge, come una decorazione su un impianto già esistente. Non è così. La cura è potente quando diventa una dimensione integrata nel sistema stesso. Le organizzazioni che la comprendono non si limitano a inserire momenti di benessere o iniziative motivazionali: costruiscono strutture e processi in cui la cura sia un principio fondante.
Per esempio riconoscendo il valore della vulnerabilità. Non come fragilità da correggere, ma come un punto di contatto tra le persone. Creare ambienti dove si possa dire “Non so” o “Ho bisogno di aiuto” senza paura di perdere credibilità, per esempio. Il lavoro non è solo compiti e risultati. Quando le persone sentono di appartenere a qualcosa di più grande, il loro impegno diventa più autentico.
Troppo spesso si è fisicamente nei luoghi di lavoro ma mentalmente altrove. Allenare la presenza, nelle relazioni, nelle decisioni, nelle parole scelte, in una rete di responsabilità condivisa.
Un incontro che ci ha cambiati
Di questo abbiamo parlato il 28 gennaio, durante l’evento che Wyde ha dedicato alla cura, la Wyde Night. È stato un momento di confronto profondo, un tempo condiviso in cui ci siamo chiesti: cosa significa, davvero, portare la cura nei luoghi che abitiamo?
Abbiamo ascoltato storie di chi la pratica ogni giorno, abbiamo visto emergere il bisogno di un nuovo vocabolario per raccontarla, capace di trasformare il modo in cui le persone lavorano, creano, vivono insieme.
E abbiamo trovato conferma di una cosa: oggi chi sa coltivare la cura ha un vantaggio enorme, non solo etico, ma strategico. Perché chi si sente visto e riconosciuto lavora meglio, innova di più, resta più a lungo.
Scrivere la cura per darle radici
Su questo tema abbiamo scritto un libro, insieme ai docenti di Wyde. Ognuno dal proprio punto di vista ha contribuito a creare l’osservatorio collettivo di Wyde su questo tema a noi caro.
Parliamo tanto, di continuo, nel nostro lavoro ma alle parole affianchiamo sempre le azioni, per costruire percorsi che le rendano praticabili. Questo ne è stato un altro segno.
Magari dopo queste righe starai pensando a te, alla tua vita, al lavoro, ai tuoi contesti, alle persone che incontri tutti i giorni. E allora ti lasciamo con una domanda: tu cosa fai per prenderti cura?
Con cura, stay Wyde!